delfino 2 con firma

Quando nasciamo siamo esseri unici. Assolutamente unici.

Poi cresciamo, e cominciamo a ricevere indicazioni per comportarci come si deve, come si vuole.

E ci uniformiamo alle regole, alle mode, alle richieste più o meno esplicite, più o meno dichiarate. Indossiamo maschere, compiaciamo genitori, nonni, vicini di casa, insegnanti e amici. Sentiamo di doverlo fare per motivi di accettazione sociale.

Non sentirsi “quelli strani”, gli eccentrici, “quelli sopra alle righe” diventa uno dei principali obiettivi delle nostre giornate. Facciamo cose che forse sentiamo essere necessarie, forse percepiamo che così comportandoci non saremo soli, avremo successo, troveremo soluzioni eccellenti, il miglior risultato.

Ma quell’autenticità che ci apparteneva, quella naturalezza, dov’è finita? Esiste ancora qualcosa, sotto anni, decenni di sovrastrutture?

Io penso di sì.

Penso che nel momento in cui sentiamo un brivido, un’emozione imprevista, abbiamo una reazione emotiva positiva, ci sorprendiamo genuinamente, lì possiamo riconoscerci. È indubbio che quello che ci scuote nel bene trova spazio nelle nostre giornate anche grazie ai percorsi che ci hanno portato, negli anni, lì, in quel luogo, in quel momento. Ma tutte le nostre scelte, se lasciate libere di arrivare al nostro quotidiano, ci appartengono.

E la differenza la fa l’istinto. È quella spinta che ci fa dire sì o no, quell’uccellino che in fondo cinguetta dicendoci che c’è qualcosa in tutta questa faccenda che non ci convince.

L’istinto è il nostro neonato. Ogni tanto, diamogli la possibilità di dire la sua. Forse ci riscopriremo persone migliori, più felici.

Bb